Giroud, il diavolo tentatore

Roberto Beccantini5 febbraio 2022

Succede quando sei più forte e pensi che l’avversario, solo per questo, si arrenderà. Succede quando non chiudi la partita e il peggiore diventa il migliore. Così l’Inter, che dominava, ha perso. Così il Milan, allo sbando, ha vinto. Calcio, sport del Diavolo. Come no. Per mezz’ora, la squadra di Inzaghi aveva bombardato gli avversari: grandi parate di Maignan, l’1-0 di Perisic, non meno devastante, a sinistra, di Dumfries a destra. Il Milan? Una sventola di Tonali, murata da Handanovic e un brivido subito dopo in mischia. Per il resto, una sfilata mogia di titic e titoc.

Alla vigilia avevo scritto: 2-1 per l’Inter. Sembrava uno scarto tirchio, addirittura moscio. Sono stati i cambi a sabotare l’ordalia. Inzaghi ha smantellato il centrocampo, da Brozovic a Calhanoglu e Perisic, il più frizzante: fuori, immagino, per problemi fisici. Pioli, viceversa, ha avuto da Brahim Diaz le bollicine che, fin lì, non aveva ricevuto da Kessié, trequartista troppo vago, troppo opaco.

E poi Olivier Giroud, 35 anni. Non l’aveva mai vista. Skriniar, De Vrij e Bastoni se lo erano mangiati, letteralmente. Gli sono bastati tre minuti, dal 75’ al 78’, per rovesciare San Siro. Gol di bisturi, su tocco di Brahim Diaz, dopo aver avviato l’azione con una spallatona alla Mandzukic. Raddoppio da centravanti in fiore, complice il braccio lesso di Handa. C’est la vie, avrà pensato. Era un Milan incerottato, piccolo e gracile, e lui un orco in disarmo. Ma il sangue blu non è sangue qualsiasi, una nuvola d’ira può trasformare l’acqua in champagne.

E’ stato un derby al dente, fisico, nervoso con Theo «rosso» al 95’. L’Inter aveva perso solo con la Lazio, all’Olimpico. Ha 53 punti e un Bologna in meno, ma il Milan la incalza adesso a 52 e il Napoli, in attesa di Venezia, a 49. Il calendario martella, e il segnale dei senzaIbra non è stato un brusio: è stato un urlo. E sabato, al Maradona, Napoli-Inter. Fuoco alle polveri.

In zona Cesarini

Roberto Beccantini31 gennaio 2022

Al gentile Robertson, che in piena terapia anti mercato si è ricordato della strampalata vicenda tra Carlo Ancelotti e la burocrazia dell’Uefa, dedico un gustoso aneddoto di Renato Cesarini. L’ho preso pari pari da un bel libro scritto da Eraldo Pecci, «Ci piaceva giocare a pallone». Pagina 239. Dunque:

«Quando [Renato] Cesarini sostenne l’esame da allenatore parlava con una conoscenza della materia e una proprietà di linguaggio tali che gli esaminatori gli chiesero se avesse scritto qualche libro sul calcio. «No» rispose, «ma se mi date i vostri ve li correggo volentieri».

Fra guelfi e juventini

Roberto Beccantini28 gennaio 2022

Chiedo scusa per il ritardo, ma ho atteso la firma: chi poteva immaginare che Dusan Vlahovic, 22 anni proprio oggi, 28 gennaio, e progetto di grande cannoniere, avrebbe scelto una squadra «senza allenatore»? Lascio agli esperti della finanza l’esegesi dell’improvvisa, e clamorosa, sterzata. Ero rimasto alla Juventus in bolletta, alle plusvalenze. Poi, d’improvviso: Arrivabene, tesoretti anticipati, sostenibilità, visioni lunghe.

Mi tengo la parte tecnica. Vlahovic è stato avvicinato a Batistuta, a Ibra, a Trezeguet. I paragoni, nello sport, sono come le luci al neon di certi localini: ti seducono, entri, ma non sempre trovi quello che avresti desiderato. O ti avevano promesso. Sul «Guerino» dell’aprile 2021 scrissi: «Serve [alla Juventus] un attaccante da venti gol. Dusan Vlahovic li ha in canna». Fino ad agosto, ci pensava Cristiano: da febbraio, dovrà pensarci lui. Il serbo ha fisico, ha garra, ha testa. Ma è un centravanti e, in quanto tale, ha bisogno di munizioni. Le ha trovate, cospicue, nell’arsenale, e nelle lezioni, di Italiano. Gli obiettivi spiccioli coinvolgono i quarti di Champions, da contendere al Villarreal, e il quarto posto in campionato. Capello li dà già per acquisti. Non lo ricordo, ai tempi d’oro, così smargiasso. «Halma».

Nessun dubbio che mancasse un tipo del genere. Con Vlahovic, Madama dovrebbe tornare a fare un po’ più di paura, a patto che il centrocampo e la coralità della manovra ne supportino lo stile, le doti, l’istinto. Ecco allora che il problema si sposta: molto dipenderà dal salto di livello, che non tutti i candidati reggono, e dal contributo di un gioco meno frenato, meno tirchio. Dunque, dal tecnico. Ergo, da Allegri. Spalle al muso (corto). Non c’entra il circo: si riparte dagli «zero tiri» di San Siro. Per far crescere la rosa,
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